Proust senza tempo by Alessandro Piperno

Proust senza tempo by Alessandro Piperno

autore:Alessandro Piperno [Piperno, Alessandro]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2022-07-20T12:00:00+00:00


Proust e Céline

Alla radice dell’antisemitismo francese

È difficile mettersi a scrivere romanzi dopo Proust e Céline.

Già all’inizio degli anni Cinquanta, Claude Lévi-Strauss considerava questa coppia così mal assortita una fonte di “inesauribile felicità del lettore”. Un punto di vista interessante che enfatizza, com’è giusto che sia, l’aspetto edonistico della faccenda, sorvolando forse sui lati meno risolti e più oscuri: non bisogna dimenticare, infatti, che Proust e Céline rappresentano per la narrativa francese del ventesimo secolo un vero e proprio terremoto. Le loro figure si stagliano con tale autorità da rendere minore, se non proprio pleonastico, ogni altro itinerario artistico, finanche quello intrapreso qualche anno dopo da autori del calibro di Camus, Malraux e Sartre. Pare quasi che, con un misto di incoscienza e spavalderia, Proust e Céline abbiano voluto accollarsi il peso insostenibile di un’intera tradizione letteraria allo scopo di sintetizzarla e stravolgerla.

Il Tempo ritrovato esce nel 1927 presso Gallimard, lo stesso editore che cinque anni dopo si farà scappare per un pelo Viaggio al termine della notte, e che a suo tempo aveva rifiutato di pubblicare Dalla parte di Swann. Si stenta a immaginare opere più antitetiche scritte da autori più inconciliabili. Henri Godard, il massimo celiniano in circolazione, definisce Céline “l’anti-Proust” per antonomasia.

Se Proust complica la sintassi, estenuandola fin quasi alla saturazione, Céline la spacca in mille pezzi; se Proust lavora sulle nuance, le pieghe dell’interiorità, l’inattendibilità dei sensi, Céline elegge il grido, il sarcasmo, la bava alla bocca strumenti di conoscenza; se il Narratore è un rampollo nevrotico, classista e stanziale della buona borghesia parigina, Bardamu, l’eroe del Voyage, è un miserabile, un globetrotter in balia della Storia; se il milieu proustiano è composto da milionari, esteti sfaccendati e cocotte dalla sessualità controversa, l’umanità di Céline è indigente, depravata e delirante.

Eppure, a ben guardare, e senza voler trovare a ogni costo affinità tra gli opposti e gli incomparabili, si può notare anche qualche sorprendente corrispondenza.

La centralità dello stile, dai due ostinatamente rivendicata, non ha quasi paragoni (forse solo Dickens, Flaubert, Nabokov). Non mi vengono in mente stili più personali, caratteristici e ossessivi di quelli messi a punto da Proust e Céline. E infatti sono a un tempo i più parodiati e i più inimitabili. Da notare, inoltre, il modo in cui parlano del lavoro sulla scrittura – un impegno prettamente artigianale –, enfatizzandone soprattutto gli aspetti musicali. Proust ritiene che lo stile sia una “canzone”: se tocca alla sintassi conferire armonia alla prosa, sta alla punteggiatura darle un ritmo e al lessico una melodia adeguata. In modo singolarmente analogo Cèline rivendica la “petite musique”, la musichetta prodotta dalle sue formidabili ellissi.

Poi c’è la malattia: come capire Proust e Céline senza considerare il posto occupato nelle rispettive opere dal corpo, dalla medicina, dall’ipocondria?

Per non dire dell’idea tragica della vita: Céline la esprime in ogni improperio, Proust la evoca con discrezione, ma in modo non meno implacabile, quasi leopardiano.

Infine occorre tenere conto del ruolo ricoperto dalla guerra nei loro ecosistemi romanzeschi. Per quanto assurdo possa sembrarci, il Marcel della Recherche e il Ferdinand del Voyage vivono nella stessa spettrale Parigi sventrata dagli Zeppelin tedeschi.



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